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venerdì, Gennaio 31, 2025
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Tricopigmentazione: cos’è e quali sono i suoi vantaggi rispetto al trapianto

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La calvizie è una problematica che può riguardare sia gli uomini, sia le donne. Si tratta di una condizione che, nel momento in cui si presenta, può comportare l’insorgenza di un forte disagio psicologico. 

Per rispondere alle esigenze di chi vive tutto ciò, è cresciuto tantissimo, negli ultimi anni, il mercato della tricopigmentazione. 

Se fino a qualche anno fa si trovavano centri soprattutto a Milano, un contesto che, per ragioni legate alla moda e alla diffusione di sedi di aziende multinazionali, ambiti in cui la bella presenza può essere cruciale per farsi strada verso i propri obiettivi lavorativi, oggi non è raro vedere professionisti qualificati che effettuano la tricopigmentazione a Torino o in altri centri medi o piccoli. 

Questi esperti agiscono sempre mettendo in primo piano il massimo della qualità e quell’attenzione maniacale alla sicurezza e all’igiene che un trattamento paramedicale richiede.

Ma che cos’è di preciso la tricopigmentazione? Perché sempre più persone la stanno scegliendo al posto del trapianto? Chiariamo bene tutto nelle prossime righe!

Tricopigmentazione: di cosa si tratta?

La tricopigmentazione è, come già detto, un trattamento di tipo paramedicale. Il suo scopo è quello di risolvere in maniera naturale il cruccio estetico derivante dalla calvizie, ma anche dalla barba poco folta.

Per raggiungere quest’obiettivo si ricorre all’innesto di pigmenti biocompatibili che, inseriti nella parte superiore del derma, ricreano, a livello dei capelli, quell’effetto di densità che fa dimenticare la problematica della calvizie.

Tra i principali vantaggi, oltre all’effetto realistico – per amor di precisione, è bene rammentare che le situazioni che si prestano meglio a questo trattamento sono le aree rasate – troviamo la possibilità di riprendere, dopo il trattamento, la propria vita quotidiana senza bisogno di adottare alcun accorgimento per preservare il risultato.

Come accennato nelle righe precedenti, quando si parla di trattamento di tricopigmentazione si inquadra una procedura che da sempre più persone è preferita all’autotrapianto, una soluzione che, doveroso è sottolinearlo, permette di apprezzare ottimi risultati contro la calvizie.

A cosa è dovuta la preferenza? Continua a leggere per scoprirlo.

Tricopigmentazione: i vantaggi rispetto all’autotrapianto 

Iniziamo con il dire che la tricopigmentazione non è un intervento chirurgico – si tratta, ribadiamo, di una procedura paramedicale – e che non richiede quindi l’esecuzione di anestesia.

Inoltre, la persona che si sottopone al trattamento non avverte alcun dolore durante l’esecuzione dello stesso. Non rimangono cicatrici e non sono presenti rischi che, invece, bisogna tenere conto nel momento in cui si decide di sottoporsi a un autotrapianto con tecnica FUE, ormai la più diffusa. Qualche esempio? La necrosi cutanea.

Inoltre, nel caso dell’autotrapianto, si può avere a che fare con la fastidiosa complicanza che è l’insorgenza di aree di ipo o iperpigmentazione nella zona donatrice.

Si potrebbe andare avanti ancora molto a elencare i vantaggi della tricopigmentazione rispetto al trapianto di capelli. Nel primo caso, gli effetti si possono vedere già dopo la prima seduta – il processo complessivo ha una durata di circa tre settimane e prevede l’esecuzione di tre sedute di trattamento – e l’effetto è super naturale.

La tricopigmentazione, inoltre, è un trattamento versatile. Pur essendoci situazioni che si prestano particolarmente bene all’esecuzione del trattamento, il ricorso a quest’ultimo è possibile sia sugli uomini, sia sulle donne, a prescindere dalla zona del cuoio capelluto che va trattata.

Attenzione: quando la si chiama in causa, è importante sottolineare il suo essere diversa dal tatuaggio. Mentre il dermopigmentista, ribadiamo, attua una procedura paramedicale, il tatuatore opera in quanto artista e può utilizzare anche inchiostri di derivazione sintetica.

Informati bene prima di scegliere il professionista a cui affidarti e non aver paura di chiedere informazioni sul percorso formativo seguito e sul portfolio, con i casi sia prima, sia dopo.

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